Medicina di genere: Orgoglio e Pregiudizio

a cura del Centro Universitario di Studi sulla Medicina di Genere dell’Università degli Studi di Ferrara

Nel pomeriggio di sabato 6 ottobre 2018 quasi duecento persone tra studenti, professionisti della salute, giornalisti e popolazione interessata al tema, hanno assistito al ritmo incalzante di una maratona a una serie di conversazioni scientifiche formato Ted Talks, con la quale il Centro universitario di studi sulla medicina di genere dell’Università degli studi di Ferrara ha descritto contenuti e metodi del proprio operare.

Dopo i saluti del delegato del Rettore dell’Ateneo ferrarese, Luigi Grassi (direttore del Dipartimento di Scienze biomediche e chirurgico-specialistiche), la direttrice del Centro di riferimento della medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità e membro esterno del Centro universitario, Alessandra Carè (biologa specializzata in Genetica medica), ha descritto la realtà italiana, identificando soggetti, gruppi di ricerca e di formazione attivi sulla medicina di genere e ha rilevato che, grazie alla Senatrice ferrarese Paola Boldrini, presente in aula, la Legge dello Stato n. 3 del 2018 prescrive, unico esempio in Europa, l’applicazione della medicina di genere nella pratica clinica, nella formazione dei professionisti sanitari e studenti universitari e identifica come soggetto attuativo l’ISS.

Marco Falzetti (ingegnere), direttore di APRE, Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea, ha delineato le possibilità di fondi europei per poter sostenere ricerche e azioni per la medicina di genere. Un intervento a video di Julian Little (ordinario di Epidemiologia genomica umana, Università di Ottawa, Canada) ha illustrato come a fianco della crescente attenzione alla medicina personalizzata e di precisione, il sistema sanitario canadese stia promuovendo interventi in ambito di medicina di genere con raccomandazioni relative a sesso/genere nelle linee guida nazionali e nelle pratiche cliniche.

Tiziana Bellini (associata di Biochimica*) ha ricordato come il Centro universitario di Ferrara, di cui è direttrice, si configuri come soggetto tipologicamente unico a livello nazionale e come proprio a Ferrara nel CdS di Medicina e chirurgia si sia ideato un modello per l’inserimento dell’approccio sesso/genere negli obiettivi didattici del Corso di laurea stesso, modello raccomandato a tutte le Università dalla Conferenza permanente dei presidenti di corso di laurea di Medicina e chirurgia. L’obiettivo è stato quello di dimostrare come la medicina di genere consenta di orientare l’attenzione comparativa tra uomini e donne per una appropriatezza della cura sempre più personalizzata.

L’apertura sul romanzo “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen ha consentito a Fulvia Signani (psicologa, incaricata Sociologia di genere*) di affermare come norme, ruoli e relazioni di, e tra, i gruppi di donne e uomini contribuiscano a fare del genere una categoria socialmente costruita, sempre meno fattore “di natura” e sempre più tema di cultura, che va studiato, conosciuto, padroneggiato in tutte le sue manifestazioni e “trappole” per liberare dai pregiudizi sessuali e di genere il percorso di diagnosi e cura.

Roberta Piva (associata di Biochimica*), focalizzando l’attenzione sullo scheletro, ha considerato come la conoscenza dei meccanismi molecolari che causano il deterioramento sia la base per disegnare efficaci approcci terapeutici genere-mirati. Le evidenze scientifiche dimostrano che l’uomo ha ossa e articolazioni più forti e maggiore capacità rigenerativa tissutale, caratteristiche che lo proteggono fino a età più avanzata delle donne da osteoporosi e artrosi. Patologie che, per una serie di pregiudizi e disinformazioni, gli uomini sottovalutano considerandole appannaggio femminile, ma che anche la ricerca farmacologica ha trascurato per gli aspetti maschili. Utile l’invito alla ricerca di base a distinguere per sesso le cellule isolate dalle biopsie, così da poterne studiare caratteristiche e reazioni peculiari.

Barbara Bramanti (associata di Antropologia fisica e molecolare*), nel riportare i dati dell’importante progetto di ricerca internazionale MedPlag (ERC AdG 324249), ha proposto che i maggiori tassi di mortalità per peste degli uomini in alcune popolazioni possano essere attribuibili più al genere, nello specifico al ruolo sociale e lavorativo, che al sesso. Nel ricordare come le malattie epidemiche costituiscano tutt’oggi una minaccia permanente, ha reso noto che la peste non è, come invece si crede, debellata, con esempi recenti in Madagascar (2017-18, quasi 2700 casi con 239 morti) e negli Stati Uniti (39 casi e 5 morti dal 2010 al 2015).

Silvia Sara Canetto (ordinaria di Psicologia della salute, sociale e counseling, Università di Stato del Colorado, USA e Pontificia Universidad Católica del Perù) ha segnalato come il suicidio maschile sia interpretato tramite stereotipi di genere. Per esempio, il suicidio maschile è considerato, erroneamente, raro ed erroneamente visto come una risposta a problemi prevalentemente economici e sociali. In realtà anche in Italia gli uomini si suicidano più delle donne, e soprattutto per problemi relazionali. Dunque, occorrono“lenti di genere” per capire e ridurre il fenomeno del suicidio maschile.




“L’amore non sempre fa bene!”: questa la provocazione di Gloria Bonaccorsi (ricercatrice e docente di Ginecologia e ostetricia*) che, trattando di malattie sessualmente trasmissibili (MST), ha sottolineato le differenze nella epidemiologia e nelle sequele di malattia nei due sessi. In particolare, con riferimento alle infezioni da HPV, che è la MST virale più diffusa, i dati dimostrano come la prevalenza di infezione sia molto più alta nel sesso maschile e non influenzata dall’età, mentre, nella donna, l’infezione è meno prevalente, il rischio si riduce con l’età, ma sono molto più frequenti le lesioni di alto grado HPV-correlate come le displasie cervicali e il carcinoma del collo dell’utero, oggetto fino ad oggi dei programmi di screening. Da qui la necessità di ricerca sulle differenze anatomo-biologiche della infezione nei due sessi e di programmi preventivi orientati al genere e mirati alla riduzione dell’infezione.

Donato Gemmati (associato di Genetica medica*) con “Mind the gap!” considera le differenze di genere nella prognosi dopo infarto del miocardio. Lo stereotipo che attribuisce l’infarto al sesso maschile non è più valido. Un terzo delle morti femminili è da attribuire a questa condizione. L’esclusione della donna dai trial clinici farmacologici in ambito cardiovascolare la rende oggi orfana di valide terapie. Un excursus storico rileva riduzione dei tempi di degenza e mortalità, ma la donna infartuata oggi muore molto più dell’uomo. La sua inclusione in studi clinici contribuirà al riconoscimento di terapie personalizzate con importanti effetti sulla sopravvivenza.

I farmaci preferiscono gli uomini o le donne? Katia Varani (associata in Farmacologia*) afferma che la domanda rientra nel percorso della farmacologia di genere, che evidenzia e definisce differenze di efficacia e sicurezza dei farmaci in funzione del sesso di appartenenza della persona. Le donne risultano essere le massime consumatrici di farmaci fino all’età fertile, sono anche più soggette a reazioni avverse e la variabilità ormonale ciclica tipica delle donne e l’uso di contraccettivi interferiscono sul­l’efficacia dei farmaci. Occorrerà aumentare le sperimentazioni precliniche e cliniche secondo una prospettiva di genere, favorendo un uso appropriato della terapia farmacologica per una migliore tutela della salute per entrambi i generi, sviluppando con precisione una farmacoterapia su misura.

Con il curioso titolo “L’alieno dentro di me” Michele Rubini (ricercatore di Genetica medica*) ha presentato il fenomeno del microchimerismo fetale che viene rilevato in donne affette da patologie reumatologiche ad alta prevalenza femminile, come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sindrome di Sjögren e la sclerosi sistemica. Nelle donne affette, il riscontro nei distretti anatomici interessati dalla patologia di cellule fetali originate da gravidanze precedenti suggerisce un loro possibile coinvolgimento nella patogenesi o nell’evoluzione clinica della malattia, con possibili ricadute in ambito di prevenzione e trattamento terapeutico.

Rosa Maria Gaudio (ricercatrice e docente di Medicina legale*) in video ha spiegato l’avvio di uno studio interdisciplinare sulla violenza di genere, per ottenere un modello di rendicontazione degli effetti della violenza su donne, ma anche su uomini, che includa anche forme di ipotesi di reato diverse come tentato omicido o istigazione al suicidio. Il modello potrà permettere un confronto paritetico con altri Paesi e si baserà su dati di cronaca, sanitari, ma anche desunti dall’autorità giudiziaria, volti ad accertare la effettiva natura “di genere” della violenza. La ricerca potrà risultare utile anche a suggerire le tanto disattese azioni preventive del fenomeno.

Gli effetti del genere e delle differenze sessuali sugli stili di vita di uomini e donne sono stati descritti da Lamberto Manzoli (ordinario di Igiene e sanità pubblica*) che ricorda alcuni esempi: l’attività fisica e il mangiare frutta riducono i rischi cardiovascolari (CVD) rispettivamente del 52% e del 42% nella donna e del 23% e 26% nell’uomo, mentre l’obesità aumenta il rischio CVD nelle donne più che negli uomini. Le linee guida americane, pubblicate nel 2018, sulle soglie massime di assunzione di alcol confermano la necessità di considerare in modo differenziato uomini (max 196 g alcol a settimana) e donne (max 98 g). Con, per queste ultime, conseguenze a lungo termine di patologie correlate, mentre per gli uomini i rischi sono più di incidenti e lesioni.

La tavola rotonda ha visto un confronto sui temi della giornata tra Guglielmo Pepe (giornalista e blogger su temi di salute) e Walter Malorni (responsabile della comunicazione del portale www.issalute.it) che hanno ripreso alcuni passaggi dei concetti esposti. Quest’ultimo, descrivendo l’attività dell’Istituto superiore di sanità in materia di comunicazione, ha proposto la visione di video “in pillole” su temi della medicina di genere, ma anche sulle notizie che rischiano di essere maggiormente oggetto di fake news in campo sanitario e della salute.

Gli interventi musicali del Quartetto di sassofoni del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara hanno ritmato il pomeriggio con musiche di Iturralde, Nyman, Gershwin, Joplin e Piazzolla.

*Centro universitario di studi sulla medicina di genere dell’Università degli studi di Ferrara.

http://www.unife.it/centri/gender-medicine/it/